Bicchieri
scritto da jadosa / in SENZA FILTRO /
Si possono riempire, svuotare, smaccare, infrangere, colorare. Sono di vetro, carta, plastica, ceramica, cristallo…
La loro funzione base è quella di colmare un vuoto di liquidi, di rispondere a un bisogno primario, di idratare. Quella secondaria di accompagnanti nei momenti celebrativi, risuonando uno contro l’altro con una vibrazione energeticamente positiva.
Puoi riempirli di acqua, vino, bibite gassate, tisane, infusi, liquori e bollicine da molti zero.
Puoi traslarli nel significato esistenziale della vita, attribuendo loro la tua visione delle cose. Mezzi pieni, mezzi vuoti, da colmare, da consumare tutto di un fiato.
Puoi riuscire a intravedere il contenuto oppure no. Puoi leggere le tracce lasciate sul fondo o scientificamente rintracciare i segni biologici (impronte, saliva, rossetti) rimasti a testimonianza del loro utilizzo.
Il bicchiere. Ne parlavo proprio ieri di bicchieri.
Il bicchiere è il simbolo del nutrimento vitale. Quando sei neonato bevi da un bicchiere con una tettarella che ricorda il seno materno, quando cresci bevi per dimenticare, per dissetarti, e per festeggiare stappi una bottiglia che riempie di liquido brioso un calice predisposto per l’occasione.
Anche la bottiglia può essere, a suo modo, un bicchiere.
La cultura, si dice, abbevera gli animi inariditi dalla ignoranza. Quante volte poi si parla di sorgenti della vita, luoghi metaforici nei quali ritrovare la magia di un gesto naturale che implica l’avvicinare le labbra a un liquido rigenerante.
Il bicchiere ha la funzione di raccogliere quell’acqua, di dosare quel liquido imprescindibile per la nostra sopravvivenza, già perché l’acqua è la migliore metafora per la vita.
Acqua, due molecole di idrogeno e una di ossigeno. Ossigeno, il respiro. L’acqua e il respiro.
Idratare gli animi che ispirano ed espirano con calma o affanno nella vita.
Racchiudere in un contenitore di varie forme un liquido che ci accompagna nella nostra giostra vitale. Per tutta la vita.
Pensandoci, anche una flebo, a suo modo è un bicchiere. Un bicchiere che entra direttamente in contatto con le nostre vene, che penetra direttamente nel corpo per dare linfa alle nostre cellule.
Quando siamo agitati, ci viene consegnato un bicchiere con dell’acqua. Beviamo per mandare giù bocconi, sopratutto quelli amari.
Quando la pressione si abbassa, all’acqua si aggiunge lo zucchero. Beviamo per rinvigorire.
Quando dobbiamo mostrare ospitalità, offriamo qualcosa da bere. Un bicchiere colmo di liquidi, trasparenti come l’acqua o variopinti da coloranti artificiali come i soft drink tanto amati negli Stati Uniti.
Beviamo anche senza sete. Beviamo per riempire il vuoto. Usiamo il bicchiere come compagno di sbronze, come veicolo per offuscare – ma solo in apparenza- la mente dalle preoccupazioni.
Beviamo per espellere i liquidi ristagnati, per drenare. Usiamo il liquido per contrastare se stesso quando non riesce a fluire armonicamente nel nostro corpo.
Poggiamo le labbra, lasciamo fluire il liquido nelle viscere. Deglutiamo.
Il bicchiere, che sia calice, coppa, tazza o bottiglia ci accompagna per la vita.
Il mio bicchiere è quasi sempre mezzo pieno, ma spesso non riesco a percepirne il contenuto.
A volte sa di fiele, altre è di una dolcezza melliflua. Consumo il suo contenuto senza respirare, e non vedo l’ora di riempirlo con nuovi liquidi, sempre diversi, perché mi piace sperimentare, assaggiare aspetti sempre nuovi della vita.
Spesso, il bicchiere si è infranto tra le mie mani, incidendo con profondità e lacerando le membra che hanno bisogno di cicatrici per non dimenticare.
Il mio bicchiere ha le forme più strane: il design lascia spazio alle stampe infantili, i suoi contorni sono morbidamente tondi ma stranamente irregolari. Il mio bicchiere emette suoni, vibra con tonalità acute e, a volte, tace ovattato e felpato nello scontro.
Il mio bicchiere sono io, quando ingoio la saliva e nutro dei miei stessi liquidi il mio corpo.
Un tramite, un veicolo, un mezzo per rappresentare un processo naturale, la sopravvivenza, la convivialità, la gioia, il dolore, il pieno, il vuoto, il niente, il tutto. La vita.