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03

Lug 2013

Il primo di tutti beni è la libertà

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

A me, a volte, succede.

Succede che ci rimani male, che vorresti sempre avere un feedback positivo, un giudizio favorevole, un’opinione che affranca il tuo lavoro, che solletica il tuo ego, che inorgoglisce lo spirito. Il tuo operato, i tuoi sforzi, il tuo essere perennemente disponibile vorresti fossero interpretati favorevolmente, e ti basterebbe un piccolo grazie a corollario.

Invece no. Ti gonfi di aspettatative e rimani a bocca aperta, pronto a ricevere come un passerrotto nel nido che però dovrà imparare a procurarsi il cibo da solo.
Devi imparare ad agire per te stesso, in piena autostima, autonomo, libero. Non devi aspettarti necessariamente altro, dagli altri. Potresti rimanere deluso, ferito, demotivato, scoraggiato, demoralizzato, incatenato.

A volte un eccesso di sensibilità può essere tagliente come una lama appena arrotata, ti lacera l’orgoglio e penetra  in profondità, incidendo le difese, specie se l’insicurezza smuove i fili del tuo percorso funambolico.

Sono giorni che vivo, altalenante, questa sensazione.  Vorrei essere sempre al massimo, per tutto e per tutti ma, inevitabilmente, mi scontro con la contingenza, con i limiti e con l’incomprensione di chi opportunisticamente pretende e basta. Di chi, fondamentalmente, sa fare buon viso a cattivo gioco, di chi agisce per mero interesse personale ed è pronto a elogiarti piuttosto che a schiacciarti come una mosca fastidiosa qualora lo reputi opportuno.

Vorrei solo, forse ingenuamente,  che non fosse così. Vorrei linearità, pulizia, chiarezza e una leggerezza sempre più difficile da percepire. Vorrei poter agire liberamente, senza farmi mille paranoie cercando di investigare e intuire la reazione dell’altra parte. E per fortuna che almeno in casa, con il socio intendo, tutto splende di luce spontanea, solare, naturale.

Ogni giorno diventa sempre più faticoso tenere a freno i nervi, non farli scattare quando il maleducato di turno ti assale, quando la mancanza di riconoscenza si veste di spocchiosa arroganza e prepotenza, quando devi ricercare un’autorità per appoggiare e alimentare il tuo operato, quando devi elemosinare un ‘brava’ o una parola di conforto. Ecco allora che  tendo a diventare un riccio: mi chiudo in me stessa e faccio scattare gli aculei, oppure mi faccio assalire da mille dubbi, in preda all’ansia e ai sensi di colpa.

Due reazioni sbagliate, sbagliatissime.  Me ne devo fregare, devo iniziare a dare valore a me stessa, a quello che faccio. A riconoscere una non inferiorità, a rompere le catene che mi legano a un giudizio che, tra l’altro, non sempre arriva spassionatamente e ‘di pancia’.

Devo ripetere il mantra del me ne fotto, devo imporre l’imperativo categorico del ‘non si può piacere  a tutti’  e finalmente dare sostanza ai miei sforzi, alla mia esperienza, io, in prima persona.

Ecco qual è la questione.

Imparare a volersi bene, a vivere per se stessi e non per gli altri.  In fondo, Jean -Jacques Rousseau  non aveva torto nell’affermare che: “Il solo che fa la sua volontà è colui che non ha bisogno, per attuarla, di mettere le braccia di un altro all’estremità delle proprie: da ciò consegue che il primo di tutti i beni non è l’autorità, ma la libertà“.

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01

Mag 2013

10 cose che mi fanno sorridere

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

Ci sono cose che mi danno davvero soddisfazione, quelle che quando le senti, vivi, scruti, osservi ti fanno inclinare la bocca in un ghignetto di approvazione sornione, una strizzata d’occhio ruffiana, una pacca sulla spalla che dice: “dammi- il-5- fratello- ci- stai-dentro- una-cifra!”

Ecco, quelle cose lì.

Nel decalogo delle  cose che mi fanno sorridere e che mi mettono di buon umore devo certamente annoverare:

  1. mio padre che legge l’inglese con la sua pronuncia da “ma come cazzo è possibile che si pronuncia diverso da come lo leggo?
  2. mia sorella che canta. Credo sia la persona più stonata del globo terracqueo, ma lei si sente un misto Lady Gaga e Pavarotti che fa paura e tremare le trombe del povero Eustachio
  3. i clienti, quelli che sai che li producono sul wc (i soldi, ndr), che vogliono lo sconticino o l’omaggio poi li vedi salire sulla fiammeggiante Maserati e ti chiedi come contrattino con il benzinaio
  4. il bimbo che canta, balla, ruota e sorride così, perché gli va, perché quello spirito che ha lo vorresti anche tu, sempre. Specialmente quando ti arrivano le cartelle di Equitalia o dell’Agenzia delle Entrate
  5. io, mentre scrivo qualcosa di stupido, tipo adesso. Se mi potessi riprendere, osserverei una pirla che sorride mentre digita compulsivamente sulla tastiera in una mise da ‘non sono l’antisesso, sono proprio la negazione dell’ormone eccitato di primavera’
  6. le storpiature dei nomi  dei telefilm o delle telenovela delle persone anziane, meravigliose, creative, uniche, quelle dove Brooke diventa Brusk per capirci
  7. il mio cane quando, con la sua carota sonora in bocca, scappa per proteggere fiero il suo trofeo di gomma rumoroso e fastidioso come pochi
  8. le persone che si sentono strarrivate, top manager della fava che poi cannano clamorosamente i congiuntivi o scivolano in dissertazioni banali e incomprensibilmente pallose
  9. chi riesce a non prendersi mai troppo sul serio, che sa giocare con l’autoironia in modo intelligente
  10. il socio che balla sui ritmi maranza e tamarri. Sì, lui che cerca di controllarsi sempre con il suo à plomb da Lord Flemming (i bradipi in letargo sono più reattivi di lui). Lui che è non è mai sopra le righe o goffo come la sottoscritta. Ecco, lui, quando meno te lo aspetti si trasforma, e l’effetto è più o meno questo

Adoro ci riesce a vivere libero da tutti gli schemi preconfezionati, che sa ballare come se nessuno lo stesse vedendo, che se ne fotte, che la vita è mia e me la godo come mi va 🙂

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