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Giu 2014Un sorriso nell’armadio
scritto da jadosa / in SENZA FILTRO / Commenta
Me lo ero ripromessa: da questa settimana avrei nuovamente indossato il mio sorriso.
Non è stato facile ritrovarlo nell’armadio delle emozioni. Le settimane passate sono state davvero dense di eventi pieni di dolore, responsabilità, e il vuoto ha iniziato a raggelare gli angoli più bui e incerti della coscienza.
Pensieri negativi hanno attraversato con veemenza la mente e hanno cercato di oscurare il sole che mi riscalda. Ho chiuso a chiave, nel cassetto della speranza, il mio sorriso migliore e ho indossato una maschera.
Ho vissuto una settimana di limbo, tormentata e angosciata dal mio stesso essere diversa dal solito. Ero a Parigi per lavoro, e mi sentivo come Quasimodo, il famoso gobbo di Notre Dame.
C’è stato un momento, preciso e puntuale, nel quale ho avuto la fortissima voglia di gettare la spugna. Su tutto e con tutti.
Poi, una luce. Il cielo si è aperto, si è colorato di un azzurro brillante e le nuvole soffici e bianche hanno accompagnato con leggerezza e morbidezza l’incedere dei raggi del sole.
E’ scattata la molla. Il pessimismo cupo e quella depressione malvagia sono stati scalzati.
Non ce l’hanno fatta. Non l’ho permesso.
Mi sono detta che avrei ripreso in mano la situazione, e l’ho fatto. Sì. L’ho fatto.
Inizia adesso il periodo della pausa dai viaggi di lavoro senza sosta. Inizia la fase più o meno stanziale, anche se ho già in cantiere un paio di settimane su e giù tra Perugia e Montepulciano – dove andrò a cercare di curare con le terme la mia sinusite – una breve trasferta di lavoro meneghina e un weekend con mia zia.
Riprendo in mano la mia vita. Adesso. Perché “la vita è adesso”, come canta Baglioni.
Riprendo in mano i progetti appesi nella stanza dei sogni, ricomincio a scrivere, a praticare con maggiore assiduità lo yoga, a leggere, a fare un po’ di moto, a curarmi e a pianificare la fuga dalla verde Umbria e dalla bella Italia.
Un po’ mi dispiace, lo confesso. Mi ero abituata all’idea di aprire le finestre e di vedere le verdi e morbide colline. Ma le colline, ahimé, non ci bastano più. “Ci”, a me e al socio.
Forse in questo periodo è più lui a spingere per la dipartita. L’ho fatto entrare nel vortice zingaresco della vita cinetica del curioso. Quella vita di chi non si accontenta della routine e delle 8 ore di lavoro.
E’ la vita di chi sale su un aereo, sbarca in una nuova terra, sorride alle persone che incontra per strada, mangia un panino camminando a testa in sù osservando i grattaceli di una metropoli o sorseggia il caffè seduto su una panchina di un parco o, ancora, digita le sue emozioni seduto a cavalcioni sul muretto di un porticciolo di una cittadina colorata che profuma di mare.
Vogliamo la libertà. La libertà di poter comunicare e muoverci con semplicità.
Chissà cosa succederà nei prossimi mesi…Per il momento, ho aperto il cassetto e reindossato il mio sorriso…. e mi calza ancora a pennello!