Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

08

Dic 2012

Dicembre 2012

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Dicembre è il mese dei bilanci, il mese che chiude un ciclo di 12 mesi, il mese del Natale e delle tasse da anticipare allo Stato per l’anno nuovo.

Dicembre è per antonomasia il mese della famiglia, delle abbuffate, dei baci sotto il vischio, dei capodanni fatti di sbronze programmate e di fiocchi di neve che cullano le atmosfere ovattate degli chalet di montagna riscaldati dal camino.

Un mese che chiude una porta e apre il portone a qualcosa di nuovo, dei cambiamenti e delle evoluzioni, delle riflessioni che, intermittenti come le lucine degli alberi di Natale, popolano gli animi delle persone.

Dicembre è il mese dei sorrisi dei bambini, delle letterine scritte a Babbo Natale, quelle colorate e impregnate di sogni , di Santa Lucia e di Gesù Bambino che celebra il suo compleanno in Presepi sempre più 2.0, con tanto di luci al led e fontanelle cromoterapiche per abbeverare  pastorelli e pecorelle, minuziosamente ritratti in statuine dipinte a mano, o riprodotti da modelli cinesi low cost, perché c’è crisi.

Dicembre celebra la natività, la vita, lo stare insieme. E’ il mese della creazione, dell’unione, della condivisione e della solidarietà che sembra meravigliosamente riscaldare gli animi delle persone più aride e opportuniste.

Il periodo dei regali di Natale fatti per forza – perché me lo fanno e io devo ricambiare, delle lacrime malinconiche quando il pensiero vola lassù a quelle persone che quest’anno non saranno fisicamente con noi a festeggiare.

Dicono che a Natale dobbiamo essere più buoni. Una scusa per ricominciare a lamentarsi e fare gli stronzi dal 26 dicembre? No. La bontà non deve avere ‘data certa’ come la consegna delle raccomandate. Deve essere spedita costantemente, senza ricevuta di ritorno. Non dobbiamo agire solo con la prospettiva di ricevere, anche perché non ne abbiamo bisogno. Inevitabilmente il nostro dare ci riempirà il cuore, e questa sarà la migliore ricompensa.

Ultimamente c’è una cosa che non tollero: l’ingratitudine. Persone che non riescono a dare valore a quello che hanno, che non riescono a provare emozioni e gioia per la fortuna di potersi svegliare nel letto di una casa (anche se in affitto), di mangiare un pasto caldo (anche se acquistato in un supermercato discount), di aver un lavoro (anche se saltuario e poco retribuito),  di avere una famiglia (anche se non esattamente come quella del Mulino Bianco) e perché no, di avere dei debiti e delle tasse da pagare (vuol dire che siamo vivi e che abbiamo qualcuno che ci augura la buona salute, almeno fino all’estinzione del debito! :-)).

Mi rendo conto che, agli occhi di cinici e stanchi pessimisti (sono pur sempre una ex- pessimista), queste possono sembrare belle paroline ma, all’atto pratico, pattumiera indifferenziata. Ma è davvero la chiave per riusciure a sorridere ogni giorno.
Abbiamo un percorso da compiere, affrontiamolo  allora come se fosse il viaggio più bello della nostra vita.  Che poi lo è, perché è la nostra vita.

Impariamo a ringraziare, a dire grazie, ma non quel ‘grazie’ forzato e finto, quello spontaneo, naturalmente prodotto dalle viscere, quello che riesce a ricreare lo spirito del Natale un po’ tutti i giorni.

Cerchiamo di lavorare su di noi, di cancellare quel velo negativo che rende amaro anche il panettone al cioccolato guarnito con crema pasticcera e mascarpone.

Questo è il mio Christmas Carol, lo spirito che guiderà questo dicembre 2012. Un dicembre  faticoso, dispendioso, ansiolitico, a tratti negativo,  ma mio. Ho la fortuna di poterlo vivere e tutte le carte per renderlo luminoso, festoso, positivo e gioiolso.
E ho anche deciso anche di farmi un regalo. Un regalo che non aspetterò di scartare il 25 dicembre, che non posizionerò sotto l’alberello, ma inizierò a utilizzare fin da ora…il mio è un dono brillante, fragoroso, positivo e carico di sorrisi alla vita, è un rinnovato spirito positivo che non vede l’ora di accompagnarmi in questo dicembre di transizione (sempre che i Maya non ci abbiamo ‘chiappato!).

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01

Dic 2012

Aprire la gabbia

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Reduce da un giovedì e un venerdì dedicati alle conferenze, all’ascolto e alla condivisione di idee.

Due eventi nettamente diversi l’uno dall’altro. Il primo ha richiesto la mia partecipazione attiva, ha solleticato la mia capacità di riuscire a mettermi in gioco, a calare il velo di Maya, a uscire dal guscio autoreferenziale per iniziare a crescere in condivisione, in rete con gli altri.

Il secondo, invece, mi ha visto più passivamente auditrice, aperta a ricevere stimoli, suggerimenti, a cogliere coraggiosamente insegnamenti innovativi per evolvere, e non solo nel lavoro.

Due occasioni che mi hanno fatto riflettere sull’importanaza del coraggio, sul potere disarmante della sperimentazione, sul valore del cambiamento.

Troppo spesso decidiamo di chiuderci nella nostra gabbia, fatta di convizioni, di cliché, di routine e di disegni fin troppo ordinari. Una gabbia dalla quale è difficile uscire, perché non ricordiamo nemmeno dove abbiamo gettato la chiave, perché presi dalla convinzione che quello che stiamo facendo – il nostro agire- sia l’Agire, l’unico e solo modo di condurre la propria esistenza.

Lo dico da ex-pessimista, da persona che sta compiendo un cammino di cambiamento, e lo dico con convizione: non c’è nulla di più stimolante ed eccitante che buttarsi a capofitto in qualcosa di completamente nuovo, oscuro, non conosciuto.

C’è tutto il piacere della scoperta, la sfida del mettersi in gioco, l’entusiasmo della novità e la rivelazione che fuori dalla nostra gabbia ci sono sono altre gabbie, con altre persone imprigionate che dobbiamo liberare, privare delle catene sociali, dalla schiavitù degli schemi mentali tradizionalmente imposti.

Dobbiamo impare dalle altre esperienze, da quelle completamente diverse dalle nostre. Il confronto è una forte leva di miglioramento. Prenderci per mano e accompagnare il cambiamento. Farci forza, avere coraggio di sperimentare. Non c’è nulla di più innovativo e vincente delle idee, quelle partorite dal desiderio di rottura, quelle che ci faranno vedere cose che i nostri paraocchi, costruiti con anni di imposizioni e incastonati con ottusi tabù, hanno sempre nascosto.

Quello che mi ha impressionato, facendo un bilancio di questi ultimi giorni, è la qualità di pensiero, di dialettica e di lavoro di queste persone che hanno saputo declinare il verbo sperimentare in tutte le forme, con un occhio attento al tempo, quello presente. Ci si innova ora, qui e ora.

Allo stesso modo sono sempre più amaraggiata dall’ottusità, dalle forme di pensiero statico e impersonale. Dal copia e incolla di pensieri, dalla mancanza di carisma e dalla livella culturale che non spinge alla curiosità, all’indagine, alla scoperta, allo sperimentare strade che non sono state ancora battute.

E sì che siamo un popolo di navigatori, di scopritori di nuove terre, di poeti che hanno saputo esprimere in versi il sogno, di musicisti che hanno teso le corde delle emozioni, di chef che hanno fatto della sperimentazione l’ingrediente segreto di pietanze stellate.

Sarà forse perché ricolleghiamo l’osare con l’osè e tutto si tinge di tinte rosse, proibitive, immorali? O sarà forse che quella fottutissima paura, quell’ansia di cambiare ci spinge a rannicchiarci nella nostra – spesso claustrofobica- gabbia?

Bisogna solo prendere coraggio, acquisire la consapevolezza che tutti possiamo imparare a volare liberamente, ma fuori dalla nostra gabbia.

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25

Nov 2012

Vibrazioni d’amore

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E’ il terzo weekend di fila che passo davanti a un pc per lavoro. Le nottate di queste ultime settimane sono state lunghissime, dense. Sto pianificando grandi cambiamenti e provando a gestire le mille scadenze con determinazione.

La forza, la spinta che mi induce a non mollare, a vivere con ottimismo, a danzare sulle note disegnate dai raggi del sole, è quella cosa semplicissimamente complessa che chiamiamo Amore.

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