Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

05

Lug 2013

Musica

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

Il sottofondo delle mie giornate, il condimento del mio umore, il suono che vibra dal profondo dell’anima.

La musica mi accompagna sempre: quando lavoro, quando scrivo, quando guido, quando pulisco, quando mi preparo per uscire, quando prendo il sole al mare. Un compagno mai stonato, che sa, invece, perfettamente intonarsi al colore della mia giornata. Funky, new age, jazz, soul, rock, hip-hop, dance, lirica, infantile…ogni genere, ogni sfumatura veste e racconta qualcosa del mio mood.

Oggi, sono particolarmente nostalgica…sarà il sogno della notte scorsa che mi ha fatto fare un salto, a mo’ di flashback, nella travagliata e pazzamente trasgressiva fase adolescenziale. Ecco, in quel periodo, avrò avuto circa 16/17 anni andavo matta per i Soul II Soul

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03

Lug 2013

Yin&Yang

scritto da / in Buono a sapersi, SENZA FILTRO / Commenta

“Tutto è uno. Questa idea della dicotomia è profondamente sbagliata. E niente meglio di un grande simbolo asiatico, in questo caso cinese, questa ruota con lo Yin e lo Yang, rappresenta la vita, l’universo… è l’armonia degli opposti. Perché non c’è acqua senza fuoco, non c’è femminile senza maschile, non c’è notte senza giorno, non c’è sole senza luna, non c’è bene senza male. E questo segno dello Yin e dello Yang è perfetto. Perché il bianco e il nero si abbracciano. E all’interno del nero c’è un punto di bianco e all’interno del bianco c’è un punto di nero”.
(Tiziano Terzani)

 

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03

Lug 2013

Il primo di tutti beni è la libertà

scritto da / in SENZA FILTRO / Commenta

A me, a volte, succede.

Succede che ci rimani male, che vorresti sempre avere un feedback positivo, un giudizio favorevole, un’opinione che affranca il tuo lavoro, che solletica il tuo ego, che inorgoglisce lo spirito. Il tuo operato, i tuoi sforzi, il tuo essere perennemente disponibile vorresti fossero interpretati favorevolmente, e ti basterebbe un piccolo grazie a corollario.

Invece no. Ti gonfi di aspettatative e rimani a bocca aperta, pronto a ricevere come un passerrotto nel nido che però dovrà imparare a procurarsi il cibo da solo.
Devi imparare ad agire per te stesso, in piena autostima, autonomo, libero. Non devi aspettarti necessariamente altro, dagli altri. Potresti rimanere deluso, ferito, demotivato, scoraggiato, demoralizzato, incatenato.

A volte un eccesso di sensibilità può essere tagliente come una lama appena arrotata, ti lacera l’orgoglio e penetra  in profondità, incidendo le difese, specie se l’insicurezza smuove i fili del tuo percorso funambolico.

Sono giorni che vivo, altalenante, questa sensazione.  Vorrei essere sempre al massimo, per tutto e per tutti ma, inevitabilmente, mi scontro con la contingenza, con i limiti e con l’incomprensione di chi opportunisticamente pretende e basta. Di chi, fondamentalmente, sa fare buon viso a cattivo gioco, di chi agisce per mero interesse personale ed è pronto a elogiarti piuttosto che a schiacciarti come una mosca fastidiosa qualora lo reputi opportuno.

Vorrei solo, forse ingenuamente,  che non fosse così. Vorrei linearità, pulizia, chiarezza e una leggerezza sempre più difficile da percepire. Vorrei poter agire liberamente, senza farmi mille paranoie cercando di investigare e intuire la reazione dell’altra parte. E per fortuna che almeno in casa, con il socio intendo, tutto splende di luce spontanea, solare, naturale.

Ogni giorno diventa sempre più faticoso tenere a freno i nervi, non farli scattare quando il maleducato di turno ti assale, quando la mancanza di riconoscenza si veste di spocchiosa arroganza e prepotenza, quando devi ricercare un’autorità per appoggiare e alimentare il tuo operato, quando devi elemosinare un ‘brava’ o una parola di conforto. Ecco allora che  tendo a diventare un riccio: mi chiudo in me stessa e faccio scattare gli aculei, oppure mi faccio assalire da mille dubbi, in preda all’ansia e ai sensi di colpa.

Due reazioni sbagliate, sbagliatissime.  Me ne devo fregare, devo iniziare a dare valore a me stessa, a quello che faccio. A riconoscere una non inferiorità, a rompere le catene che mi legano a un giudizio che, tra l’altro, non sempre arriva spassionatamente e ‘di pancia’.

Devo ripetere il mantra del me ne fotto, devo imporre l’imperativo categorico del ‘non si può piacere  a tutti’  e finalmente dare sostanza ai miei sforzi, alla mia esperienza, io, in prima persona.

Ecco qual è la questione.

Imparare a volersi bene, a vivere per se stessi e non per gli altri.  In fondo, Jean -Jacques Rousseau  non aveva torto nell’affermare che: “Il solo che fa la sua volontà è colui che non ha bisogno, per attuarla, di mettere le braccia di un altro all’estremità delle proprie: da ciò consegue che il primo di tutti i beni non è l’autorità, ma la libertà“.

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