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Nov 2013La schiavitù negli Stati Uniti d’America
scritto da jadosa / in STORICAmente / Commenta
Di recente ho visto due film, che consiglio di guardare: “Django, Unchained” di Quentin Tarantino e “Lincoln” di Steven Spielberg.
Tema comune delle due produzioni da Oscar americane la schiavitù negli Stati Uniti d’America, sebbene nel secondo la tematica sia affrontata più da un punto di vista politico – nel dettaglio l’emanazione del XIII Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America.
Devo confessare che non ho scelto di guardare i due film per la tematica comune, è stato davvero un caso (o forse no). Ho scelto due titoli, senza nemmeno informarmi sulla trama, e mi sono ritrovata a rivivere un periodo storico che potrebbe essere ben rappresentato da questa canzone
Sono una sostenitrice del fatto che le coincidenze abbiano sempre un valore, che celino un messaggio che dobbiamo essere pronti a cogliere.
Guardare due pellicole che affrontano questa tematica piena di dolore nella storia del Paese che più rappresenta il concetto di libertà è paradossale, un non sense. Però, dobbiamo ammettere, come ricorda il video che ho postato all’inizio (la canzone è un classico della tradizione della musica afro-americana) che qualcosa era destinato a cambiare e che molte persone di colore sono riuscite ad affermare con le unghie e con i denti il proprio diritto alla libertà e al successo.
Se ci fermiamo a leggere la situazione contingente, per noi il fatto che negli Stati Uniti vivano delle persone di colore e che addirittura il presidente degli Stati Uniti sia una persona di colore è naturale, assodato. Tuttavia, se riavvolgiamo il nastro che tesse le fila della storia del mondo, ci rendiamo conto che una larga fetta della popolazione di colore degli Stati Uniti affonda le proprie radici nel rosso della terra del continente africano.
Molti di questi uomini e donne hanno impressa nel DNA una storia che vorrei provare a ripercorrere, per ricordare.
Ricordare le condizioni di vita di queste persone, trasportate dall’Africa nel nuovo mondo per diventare schiavi nelle piantagioni di cotone, caffè, tabacco, etc. Ma come avveniva il trasporto degli schiavi dall’Africa agli Stati Uniti?
Lo spiega bene questo video:
Per regolare giuridicamente il rapporto tra schiavi e padroni furono istituiti dei veri e propri ‘Codici’, e ogni singolo Stato poteva averne uno. Nel codice del Distretto di Columbia, ad esempio, il soggetto giuridico ‘schiavo’ era definito “a human being, who is by law deprived of his or her liberty for life, and is the property of another” (un essere umano, che è privato per legge della sua libertà a vita, ed è proprietà di qualcuno).
In “Black Saga: the African American Experience” si rendono note le 5 regole base che ogni schiavista doveva adottare per ottimizzare e massimizzare il proprio investimento (ndr, acquisto dello schiavo).
Per ottenere il massimo rendimento dal proprio ‘negro’ , il padrone doveva:
- Mantenere una ferrea disciplina e sottometterlo incondizionatamente
- Instillare nello schiavo un senso di inferiorità
- Incutere timore
- Istruire i servitori affinché prestassero la massima cura agli affari del padrone
- Assicurarsi che gli schiavi fossero privi di cultura, di aiuto e di qualsiasi forma di divertimento – oltre ad evitare qualsiasi forma di aggregazione che avrebbe potuto portare a forme di ribellione.
In alcuni documenti si legge che la corte dell’Alabama aveveva stabilito che gli schiavi erano condannabili, in quanto esseri senzienti, solo se commettevano reati. In caso contrario, e per tutte le altre voci di ‘diritto’, erano da considerarsi meramente degli oggetti di proprietà del proprio padrone, privi dei diritti spettanti ai normali cittadini.
Vita da schiavo
Gli schiavi venivano completamente isolati dalla vita al di fuori delle piantagioni. L’esposizione al ‘mondo esterno’ avrebbe potuto portare a possibili scambi di opinione e occasione di confronto con gli altri. Essere uno schiavo, specie in una grande piantagione significava lavorare come minimo – e non era mai così – 15 ore al giorno [secondo la legge gli schiavi dovevano lavorare 15 ore al giorno in estate e 14 in inverno e avevano 1 giorno di riposo, la domenica], sottostare alle lune e alle brutali manie dei supervisori, subire costantemente punizioni corporali e psicologiche, venendo spesso separati tra membri della stessa famiglia. Ogni schiavo, infatti, poteva essere separato dai propri familiari se il padrone decideva di venderlo per profitto, punizione o per saldare qualche debito. L’istruzione, ovviamente, era negata, così come ogni forma di conoscenza che avrebbe permesso una rivolta o un’emancipazione. Addirittura nella metà del XIX secolo gli stati schiavisti del sud degli Stati Uniti resero illegale l’istruzione degli schiavi. Nel Nord Carolina, ad esempio, chi contravveniva alla legge veniva punito con quasi 40 frustate (se schiavo), mentre l’insegnante doveva pagare una multa di 250 dollari.
Se un nero si ammalava poteva essere curato solo da un suo simile al quale era però rigorosamente vietato istruire e formare gli altri. Il medico di colore e le donne, che spesso avevano rudimenti di medicina tradizionale africana, potevano invece assistere i bianchi nella casa padronale. Eccezione nello stato del Missouri dove si racconta che anche gli schiavi venissero curati dai medici dei bianchi ma per una motivazione del tutto opportunistica: preservare e manutenere il proprio ‘strumento’ di lavoro sempre operativo e funzionale.
Esistevano delle regolamentazioni, dei Codici veri e propri, che stabilivano la condotta dello schiavo. Cito da Wikipedia:
- Agli schiavi era proibito lasciare le proprietà del padrone, se non con un permesso o accompagnato da un bianco. Se lo schiavo lasciava la proprietà del padrone senza permesso, qualunque persona bianca poteva punirlo.
- Qualunque schiavo che tentava di fuggire e lasciare la colonia (successivamente lo Stato) riceveva la pena di morte.
- Qualunque schiavo evaso, catturato dopo 20 giorni o più, veniva frustato pubblicamente se alla prima infrazione, marchiato a fuoco con la lettera “R” sul braccio destro alla seconda, privato di un orecchio se assente da 30 giorni o più alla terza infrazione e castrato alla quarta infrazione.
- I padroni che si rifiutavano di punire i propri schiavi venivano multati e privati della proprietà dei loro schiavi.
- Le case degli schiavi dovevano essere perquisite ogni due settimane, alla ricerca di refurtiva o armi nascoste. Per queste infrazioni si poteva perdere un orecchio, si poteva essere marchiati a fuoco, privati del naso e, alla quarta infrazione, si veniva messi a morte.
- Nessuno schiavo poteva essere pagato per lavorare, piantare mais, piselli o riso, per allevare maiali, bovini o cavalli. Agli schiavi era proibito possedere una barca o saperla usare, e gli erano interdette attività come vendita o acquisto di beni. Gli era inoltre proibito mettere abiti migliori di quelli destinati ai negri.
In Carolina del sud il Codice riformato nel 1739 aggiungeva questi emendamenti:
- Agli schiavi non era permesso scrivere, non dovevano lavorare di domenica e il limite orario di lavoro doveva essere di 15 ore giornaliere in estate e 14 in inverno.
- L’uccisione intenzionale di uno schiavo comportava una multa di 700 sterline, mentre un delitto per “passione” comportava una sanzione dimezzata.
- La multa per chi aiutava uno schiavo fuggitivo era di 1000 dollari, in più si poteva essere condannati al carcere fino a un anno.
- Una multa di 100 dollari e 6 mesi di reclusione erano le pene per chi utilizzava un qualunque nero o schiavo come impiegato.
- Una multa di 100 dollari e 6 mesi di reclusione erano le pene per chiunque avesse venduto o ceduto alcolici agli schiavi.
- Una multa di 100 dollari e 6 mesi di reclusione erano le pene per chiunque avesse insegnato a uno schiavo a leggere e scrivere, mentre poteva essere condannato a morte chi avesse fatto circolare tra gli schiavi letteratura “scomoda”.
- La liberazione di uno schiavo era proibita, eccetto per atto legale, e dopo il 1820 solo con il permesso della legislatura.
Violenza, gratuita
Gli schiavi potevano essere oggetto di violenza in qualsiasi momento e circostanza. Venivano fustigati pubblicamente (per dare l’esempio), frustati, bruciati, castrati, mutilati, marchiati a fuoco, abusati sessualmente, messi in detenzione e impiccati anche senza motivo, ma solo per affermare la predominanza del padrone bianco.
Se una donna non sottostava agli abusi sessuali poteva essere uccisa. Non solo. Mentre, per legge, una donna bianca non poteva avere rapporti con un uomo di colore per non ‘contaminare’ la razza, al contrario un uomo bianco poteva fare liberamente quello che voleva con donne bianche e nere.
I figli nati dallo stupro ereditavano la condizione della madre ed erano, quindi, schiavi, a meno che non venissero liberati dal padrone. Il numero dei mulatti cresce esponenzialmente proprio in questi anni e la cosa che poco si racconta è che esistevano anche degli schiavi ‘bianchi’ nati da 3/4 generazioni di soprusi e violenze.
Si racconta che una delle pratiche utilizzate dagli schiavisti per garantirsi un maggior numero di ‘forza lavoro’ gratuita nelle piantagioni (specie quando l’importazione dall’Africa venne vietata alla fine del XVIII secolo) era quella di costringere gli schiavi a rapporti sessuali coatti e di consentire favori particolari a quelle serve che avessero partorito più figli.
La donna, nera e schiava, era una merce che poteva assumere ‘valore’ economico maggiore nel fancy trade. In pratica, poteva essere venduta direttamente come concubina del padrone, completamente a disposizione della sua depravazione senza scrupoli.
La frusta era lo strumento di punizione più utilizzato, specie se si lavorava nelle grandi piantagioni, sotto il controllo di crudeli supervisori.
Testimoni raccontano che se una donna era incinta, gli altri schiavi scavavano una buca per farle adagiare la pancia nel terreno mentre veniva brutalmente picchiata. E il sadismo non si saziava a colpi di frusta. Spesso i supervisori erano soliti spalmare lardo misto a polvere con un mattone sul corpo dello schiavo appena fustigato.
La storiografia racconta che nella Carolina del sud venne varata una legge che proibiva la crudeltà sugli schiavi e nel dettaglio vietava: taglio della lingua, privazione degli occhi, castrazione, ustioni e amputazione degli arti. Tuttavia, la medesima normativa legittimava frustate, marchiatura a fuoco e detenzione.
L’abolizione della schiavitù
Un presidente, un emendamento, una battaglia all’ultimo voto per restituire la libertà
Lincoln, il “O capitano! Mio capitano!” di Walt Whitman, è il presidente repubblicano che si racconta avesse intrapreso la battaglia abolizionista dopo aver letto il romanzo scritto nel 1852 da Harriet Elizabeth Beecher Stowe “La capanna dello zio Tom”. Secondo un noto aneddoto, il presidente Lincoln, incontrando l’autrice, avrebbe detto: “So, you are the little lady who caused this big war” (Quindi sei tu la piccola donna che ha causato questa grande guerra?!).
Nel 1863 grazie a Lincoln venne aggiunto il 13° Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, poche righe che ancora oggi sanciscono l’abolizione della schiavitù.
Section 1. Neither slavery nor involuntary servitude, except as a punishment for crime where of the party shall have been duly convicted, shall exist within the United States, or any place subject to their jurisdiction.
(La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in luogo alcuno soggetto alla loro giurisdizione, se non come punizione di un reato per il quale l’imputato sia stato dichiarato colpevole con la dovuta procedura)
Section 2. Congress shall have the power to enforce this article by appropriate legislation.
(II Congresso ha facoltà di porre in essere la legislazione opportuna per dare esecuzione a questo articolo)
Un fatto risuonato recentemente alle cronache, invece, è quello del parlamento dello stato della Virginia che nel 2007 ha chiesto ufficialmente scusa agli afroamericani per le angherie inflitte. Certo, un atto dovuto, anche se un po’ in ritardo… Ma meglio tardi che mai!
La vita della popolazione afro-amerericana, dopo il 1863 non è però stata semplice…. Razzismo, umiliazioni, episodi di una lotta che continua anche ai giorni nostri. Ma sono convinta che il fatto che il presidente degli Stati Uniti sia un uomo di colore sia comunque un piccolo-grande riscatto.
Letture consigliate
-“La capanna dello zio Tom” di Harriet Elizabeth Beecher Stowe
-“Ricordi di uno schiavo fuggiasco” di Frederik Douglass
-“Incidents in the Life of a Slave Girl” di Harriet Ann Jacobs
-“Radici” di Alex Haley
– “La baia“di James A. Michener
-“L’ammutinamento dell’Amistad” di Owens William
– “Up from slavery: an autobiography” di Booker T. Washington
-La trilogia di Kyle Onstott: “Drum”, “Mandingo”, “Il padrone di Falconhurst”
Documenti
Tra i vari documenti reperibili in rete e consultando le fonti ufficiali del Governo americano, ha attirato la mia attenzione questo: “Remembering slavery: African American Talk About Their Personal Experience of Slavery and Emancipation” edito da Ira Berlin, Marc Favreau, Steven F. Miller. Il libro, accompagnato da un moderno CD, presenta le interviste audio di alcuni ex schiavi raccolte nel 1930 da alcuni membri del Federal Writers Project che sono state rimasterizzate nel 2007.
Da vedere
Per non dimenticare.