Pensieri, senza filtro.

Quando le dita improvvisano sulla tastiera

09

Ott 2012

Il respiro della poesia

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Sonetti di Shakespeare, poesie di Neruda, versi di Gibran…onore alle parole che suonano morbide, musicalmente incastonate come gemme preziose tra le carte sudate di artisti d’altri tempi.

Non sono mai stata un’appassionata di poesia, ho sempre preferito la prosa. Tuttavia non rinnego la sua portata emotiva, densa, carica, esplosiva, musicale. Dalle rime baciate agli endecasillabi sciolti, le parole scorrono e assumono un significato metaforico, evocativo, ermetico, sublime.

Quello che manca alle mie giornate, in questo periodo, è proprio la poesia.
Le ore si susseguono in vortici lineari, razionalmente pianificati dal marasma delle attività da compiere, senza sosta, senza virgole, senza un ‘a capo’ per prendere fiato.

E meno male che la vita deve essere assporata, goduta, vissuta, respirata in ogni istante…Mi dimeno in un singhiozzare altalenante, un boccheggiare spasmodico alla ricerca di una serenità che non riesco a trovare.

La ricerca del tempo vissuto, un po’ come il buon Proust e il suo tempo perduto. Ma io il tempo non lo perdo, no no. Il tempo lo divoro, lo soffoco, lo sopprimo, lo riempio di mille cose da fare secondo disegni ben definiti che, tuttavia, sono contraddistinti da linee approssimative, confuse, fin troppo sfumate.

Ho bisogno di respirare la lentezza. Ho necessità di ritrovare il lusso di non avere tempo. Fermare la clessidra, osservare, inspirare ed espirare profondamente, intimamente raccolta nel mio sè.

Una ricerca di pace interiore obbligata quando ci si accorge che si sta smarrendo la via, che la selva diventa selvaggia, aspra e forte…

Ordinare le idee, ascoltare il suono dei pensieri, placando con il soffio del respiro il gridolio nervoso delle immagini, dei suoni e delle idee che si accavallano indomite nella mente e tolgono poesia all’anima.

Ho bisogno di poesia, di emotività, di intimo benessere, di leggerezza del cuore, di esalazioni lente e ampie.

…ma poi, come sempre, dopo una pausa riflessiva, accompagnata da una pioggia esterna che si fonde con le lacrime salate che solcano il viso, si ritrova il muro della realtà, quella pragmaticamente dura, quella che non vedi l’ora di poter sfuggire per lasciar respirare la poesia.

Oggi, per caso, mi sono imbattuta in questi versi del mio amatissimo William Shakespeare.  Ringrazio il sonnetto 116 che, seppur per un istante, mi ha aiutato a ossigenare e ripulire la mente.

Non sia mai ch’io ponga impedimenti
all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento
o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.

… senza dimenticare  che “L’amore non guarda con gli occhi, ma con l’anima“.

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