ILSOLECHERIDE

L'immaginazione coniugata all'infinito.

08

Dic 2012

Menefotto, il mantra della gioia

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Non pensavo di aver così voglia di scrivere oggi…ma eccomi di nuovo davanti alla tastiera. Sono appena tornata da fare la spesa, ho un po’ di pulizie in arretrato, ma l’irrefrenabile voglia di posare le mie ditina sui tasti ritarda l’appuntamento con scopa, stracci e detersivi profumati igienizzanti.

Sono piacevolmente colpita dalla mia serafica tranquillità odierna, un dolce fare niente culla i mie pensieri, sarà l’effetto benefico della lezione di yoga fatta ieri, del profumo d’amore che inonda la mia casa, del sorriso del mio cagnolino, del ‘menefotto’ urlato nei giorni passati a tutti i problemi e le lagne della gente che nella vita ha scelto la professione di rompicazzo specialist.

Che figata imparare ad avere un atteggiamento distaccato nei confronti di quelle cose/persone che fino a qualche tempo prima mettevano in discussione il tuo quieto vivere. Una liberazione!

Anche perché, parliamone, la maggior parte delle persone che ti genera fastidiosi urti e spasmi gastrointestinali, davvero se ne fotte di te. Non c’è quando hai bisogno di aiuto, quando non sai come fare, quando basterebbe solo una chiamata o un sms per chiederti se va tutto bene. E no, quelli ci sono solo quando hanno bisogno, quando devono mettere in discussione qualcosa che ha tediato la loro sensibilità, miracolosamente manifestata nel momento in cui nessuno, tranne te, può supportarli. E tu ci sei, ingoi i rospi e ci stai male se per qualche ragione non sei stato presente come dovevi. Poi, però, la magica epifania, così come si era palesata, scompare. E tu sei lì che, boh…Ma va bene così.

Comunque, bando alle riflessioni sugli opportunismi che reggono le relazioni interpersonali, parliamo dei regali di Natale. E’ doveroso farlo quando mancano solo un paio di settimane allo scambio dei doni. Fare i regali di Natale dovrebbe essere qualcosa di piacevole, un’esperienza che ti riempie di gioia, quella di riuscire a scovare l’idea giusta per la persona giusta.

Tuttavia, nel 70% dei casi si rivela un’esperienza da incubo, vissuta last minute, con il terrore di sbagliare, di spendere troppo per chi già immagini ti regalerà- se ti va di culo- lo scovolino per il cesso, di ansia da regalo duplicato e di resse nei centri commerciali.

Ma anche questo ci sta. E’ un classico di Natale, come “La vita è una cosa meravigliosa” da guardare in famiglia morsicando il Bauli Ciocosoffice o rosicchiando quintali di frutta secca che si spalmeranno goduriosi sulle tue chiappe e resteranno lì, a godere della tua rinata pinguetudine o pinguedine che dir si voglia, fino al momento in cui ti accorgerai che devi rimediare per la prova costume.

Già perché in questo cavolo di periodo non si fa altro che ingozzarsi come dei maiali. Ogni scusa è buona: fa freddo, lo faccio ora perché ci sono le feste poi mi metto a dieta, non posso rifiutare per non offendere nessuno e chi più ne ha più ne metta!

Visto che ci sono, anche se non c’entra nulla – a me il signor Pindaro mi fa un baffo-  ne approfitto per lasciare un messaggio al mio amico Babbo Natale.

Caro Babbo Natale,
sai bene che non ho mai creduto fino in fondo alla tua esistenza da bambina, anche perché avevo perfettamente adocchiato il nascondiglio che utilizzava mia madre per imboscare i regali e sapevo bene che quello non era il tuo magazzino…. Comunque sia, voglio darti una seconda possibilità e, se mi leggi, ricordati che voglio andare quanto prima a New York, ho in sospeso un bel viaggetto in India e se possibile vorrei anche realizzare quella cosetta che sai con il socio.
Oh, oh, oh, grazie mille!!!

Va bene, credo che i miei neuroni in questo momento abbiano toccato l’apice del delirio, i pensieri iniziano ad accavallarsi come le cosce della Stone in Basic Instint.

Vado a dare una ripulita alla mia alcova del piacere, perché ragazzi il vero piacere è quello di spararsi una sonora russata avvolti dalle lenzuola profumate di bucato appena fatto, morbidosamente abbracciate da un caldo piumino.

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08

Dic 2012

Dicembre 2012

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Dicembre è il mese dei bilanci, il mese che chiude un ciclo di 12 mesi, il mese del Natale e delle tasse da anticipare allo Stato per l’anno nuovo.

Dicembre è per antonomasia il mese della famiglia, delle abbuffate, dei baci sotto il vischio, dei capodanni fatti di sbronze programmate e di fiocchi di neve che cullano le atmosfere ovattate degli chalet di montagna riscaldati dal camino.

Un mese che chiude una porta e apre il portone a qualcosa di nuovo, dei cambiamenti e delle evoluzioni, delle riflessioni che, intermittenti come le lucine degli alberi di Natale, popolano gli animi delle persone.

Dicembre è il mese dei sorrisi dei bambini, delle letterine scritte a Babbo Natale, quelle colorate e impregnate di sogni , di Santa Lucia e di Gesù Bambino che celebra il suo compleanno in Presepi sempre più 2.0, con tanto di luci al led e fontanelle cromoterapiche per abbeverare  pastorelli e pecorelle, minuziosamente ritratti in statuine dipinte a mano, o riprodotti da modelli cinesi low cost, perché c’è crisi.

Dicembre celebra la natività, la vita, lo stare insieme. E’ il mese della creazione, dell’unione, della condivisione e della solidarietà che sembra meravigliosamente riscaldare gli animi delle persone più aride e opportuniste.

Il periodo dei regali di Natale fatti per forza – perché me lo fanno e io devo ricambiare, delle lacrime malinconiche quando il pensiero vola lassù a quelle persone che quest’anno non saranno fisicamente con noi a festeggiare.

Dicono che a Natale dobbiamo essere più buoni. Una scusa per ricominciare a lamentarsi e fare gli stronzi dal 26 dicembre? No. La bontà non deve avere ‘data certa’ come la consegna delle raccomandate. Deve essere spedita costantemente, senza ricevuta di ritorno. Non dobbiamo agire solo con la prospettiva di ricevere, anche perché non ne abbiamo bisogno. Inevitabilmente il nostro dare ci riempirà il cuore, e questa sarà la migliore ricompensa.

Ultimamente c’è una cosa che non tollero: l’ingratitudine. Persone che non riescono a dare valore a quello che hanno, che non riescono a provare emozioni e gioia per la fortuna di potersi svegliare nel letto di una casa (anche se in affitto), di mangiare un pasto caldo (anche se acquistato in un supermercato discount), di aver un lavoro (anche se saltuario e poco retribuito),  di avere una famiglia (anche se non esattamente come quella del Mulino Bianco) e perché no, di avere dei debiti e delle tasse da pagare (vuol dire che siamo vivi e che abbiamo qualcuno che ci augura la buona salute, almeno fino all’estinzione del debito! :-)).

Mi rendo conto che, agli occhi di cinici e stanchi pessimisti (sono pur sempre una ex- pessimista), queste possono sembrare belle paroline ma, all’atto pratico, pattumiera indifferenziata. Ma è davvero la chiave per riusciure a sorridere ogni giorno.
Abbiamo un percorso da compiere, affrontiamolo  allora come se fosse il viaggio più bello della nostra vita.  Che poi lo è, perché è la nostra vita.

Impariamo a ringraziare, a dire grazie, ma non quel ‘grazie’ forzato e finto, quello spontaneo, naturalmente prodotto dalle viscere, quello che riesce a ricreare lo spirito del Natale un po’ tutti i giorni.

Cerchiamo di lavorare su di noi, di cancellare quel velo negativo che rende amaro anche il panettone al cioccolato guarnito con crema pasticcera e mascarpone.

Questo è il mio Christmas Carol, lo spirito che guiderà questo dicembre 2012. Un dicembre  faticoso, dispendioso, ansiolitico, a tratti negativo,  ma mio. Ho la fortuna di poterlo vivere e tutte le carte per renderlo luminoso, festoso, positivo e gioiolso.
E ho anche deciso anche di farmi un regalo. Un regalo che non aspetterò di scartare il 25 dicembre, che non posizionerò sotto l’alberello, ma inizierò a utilizzare fin da ora…il mio è un dono brillante, fragoroso, positivo e carico di sorrisi alla vita, è un rinnovato spirito positivo che non vede l’ora di accompagnarmi in questo dicembre di transizione (sempre che i Maya non ci abbiamo ‘chiappato!).

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01

Dic 2012

Aprire la gabbia

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Reduce da un giovedì e un venerdì dedicati alle conferenze, all’ascolto e alla condivisione di idee.

Due eventi nettamente diversi l’uno dall’altro. Il primo ha richiesto la mia partecipazione attiva, ha solleticato la mia capacità di riuscire a mettermi in gioco, a calare il velo di Maya, a uscire dal guscio autoreferenziale per iniziare a crescere in condivisione, in rete con gli altri.

Il secondo, invece, mi ha visto più passivamente auditrice, aperta a ricevere stimoli, suggerimenti, a cogliere coraggiosamente insegnamenti innovativi per evolvere, e non solo nel lavoro.

Due occasioni che mi hanno fatto riflettere sull’importanaza del coraggio, sul potere disarmante della sperimentazione, sul valore del cambiamento.

Troppo spesso decidiamo di chiuderci nella nostra gabbia, fatta di convizioni, di cliché, di routine e di disegni fin troppo ordinari. Una gabbia dalla quale è difficile uscire, perché non ricordiamo nemmeno dove abbiamo gettato la chiave, perché presi dalla convinzione che quello che stiamo facendo – il nostro agire- sia l’Agire, l’unico e solo modo di condurre la propria esistenza.

Lo dico da ex-pessimista, da persona che sta compiendo un cammino di cambiamento, e lo dico con convizione: non c’è nulla di più stimolante ed eccitante che buttarsi a capofitto in qualcosa di completamente nuovo, oscuro, non conosciuto.

C’è tutto il piacere della scoperta, la sfida del mettersi in gioco, l’entusiasmo della novità e la rivelazione che fuori dalla nostra gabbia ci sono sono altre gabbie, con altre persone imprigionate che dobbiamo liberare, privare delle catene sociali, dalla schiavitù degli schemi mentali tradizionalmente imposti.

Dobbiamo impare dalle altre esperienze, da quelle completamente diverse dalle nostre. Il confronto è una forte leva di miglioramento. Prenderci per mano e accompagnare il cambiamento. Farci forza, avere coraggio di sperimentare. Non c’è nulla di più innovativo e vincente delle idee, quelle partorite dal desiderio di rottura, quelle che ci faranno vedere cose che i nostri paraocchi, costruiti con anni di imposizioni e incastonati con ottusi tabù, hanno sempre nascosto.

Quello che mi ha impressionato, facendo un bilancio di questi ultimi giorni, è la qualità di pensiero, di dialettica e di lavoro di queste persone che hanno saputo declinare il verbo sperimentare in tutte le forme, con un occhio attento al tempo, quello presente. Ci si innova ora, qui e ora.

Allo stesso modo sono sempre più amaraggiata dall’ottusità, dalle forme di pensiero statico e impersonale. Dal copia e incolla di pensieri, dalla mancanza di carisma e dalla livella culturale che non spinge alla curiosità, all’indagine, alla scoperta, allo sperimentare strade che non sono state ancora battute.

E sì che siamo un popolo di navigatori, di scopritori di nuove terre, di poeti che hanno saputo esprimere in versi il sogno, di musicisti che hanno teso le corde delle emozioni, di chef che hanno fatto della sperimentazione l’ingrediente segreto di pietanze stellate.

Sarà forse perché ricolleghiamo l’osare con l’osè e tutto si tinge di tinte rosse, proibitive, immorali? O sarà forse che quella fottutissima paura, quell’ansia di cambiare ci spinge a rannicchiarci nella nostra – spesso claustrofobica- gabbia?

Bisogna solo prendere coraggio, acquisire la consapevolezza che tutti possiamo imparare a volare liberamente, ma fuori dalla nostra gabbia.

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